Il voto all’estero è stato, fin dalla sua istituzione, al centro di polemiche e di colpi di scena. Permettere ai (milioni di) cittadini italiani residenti stabilmente all’estero di esprimere il proprio voto per rinnovare Camera e Senato era già previsto come principio nella Costituzione repubblicana ma non è stata una scelta unanime quantomeno nelle sue modalità di esecuzione. E in tema di partecipazione democratica, le modalità sono parte della sostanza.
Al netto di scandali di varia natura (dalla residenza falsa di Di Girolamo, al famoso cambio di casacca di Razzi), ció che per molti di noi resta politicamente scandaloso in questa legge è la violazione del principio costituzionale del voto personale e segreto. Non occorreva essere grandi statisti per intuire che il voto per corrispondenza avrebbe generato mostri quali il furto delle buste dalle buchette delle lettere, la raccolta degli stessi plichi postali da parte di associazioni di varia natura che si prendono la briga di compilarle e rispedirle al posto degli interessati, l’impossibilità fattuale di votare qualora la busta non arrivi a casa e l’elettore abiti a oltre 100 chilometri dal più vicino consolato (cosa assai frequente dopo la chiusura di molti di essi) e via discorrendo.
A ció si aggiunga il fatto che il risultato del voto estero è stato in passato determinante per le sorti del governo in carica: cosa che rende (se possibile) ancor più di vitale importanza la definizione di procedure democratiche, trasparenti e pienamente legittime per l’elezione dei rappresentanti degli italiani all’estero.
Torneremo a parlare presto di una riforma della legge elettorale per l’estero: non è questo il luogo per farlo ma le idee in proposito non mancano tra noi militanti di SEL residenti fuori dall’Italia e siamo sicuri che il (probabilissimo) eletto di SEL in Europa se ne farà promotore. Oggi siamo in ballo con la legge in vigore, ed è dentro questa cornice che stiamo cercando di far valere al meglio le nostre proposte.
Vorremmo dirlo chiaramente: essere fuori dall’Italia non ha diminuito la nostra capacità di valutare ció che la scena politica ci offre ogni giorno. Al contrario, vivere esperienze anche radicalmente diverse in altri Paesi ci ha permesso di vedere l’Italia con maggiore consapevolezza e senso critico. Alcuni di noi vivono in Stati in cui da anni sono riconosciuti i diritti civili e sociali per i quali in Italia lotteremo ancora per molto tempo: dal reddito minimo al matrimonio per tutti, da un welfare degno di questo nome al diritto di decidere degli ultimi istanti della propria vita.
È fatto di queste cose, e di molte altre ancora, il contributo che vogliamo dare al nostro Paese e anche alla nostra comunità politica, quella di SEL. Perchè noi che siamo emigranti sappiamo cosa vuol dire non accogliere lo straniero, sappiamo cosa significa sentirsi discriminati e non avere diritti: e forse in modo ancora più semplice possiamo lottare perchè ogni straniero abbia anche in Italia quei diritti che dovrebbero essere universali. Ovunque e per tutti.
Vogliamo tessere con grande cura quel filo rosso che lega generazioni diverse di emigrazione italiana nel mondo, e che lega al contempo gli emigranti con gli immigrati. Vogliamo leggere il mondo con gli occhi della solidarietà tra generazioni e tra nazioni. Vogliamo che la nostra esperienza sia una risorsa.
Siamo in coalizione (e in alcune circoscrizioni questo significa anche non essere materialmente visibili sulla scheda elettorale), non abbiamo mezzi né risorse economiche, ed è spesso difficile riuscire a far emergere le ragioni peculiari di un voto per SEL. Eppure sulle tematiche degli italiani all’estero siamo gli unici ad esserci espressi chiaramente non solo per una riforma della legge elettorale ma anche per una drastica rifondazione degli organismi rappresentativi non legislativi (Comites[1] e CGIE[2]); siamo gli unici a combinare l’opposizione allo sperpero di denaro pubblico in strutture inefficienti con la proposta di mantenere servizi consolari minimi in prossimità delle grandi comunità italiane; siamo infine gli unici ad usare la chiave di lettura della “non discriminazione” come punto di partenza per tutta una serie di proposte: dal voto esteso a chi si trova temporaneamente all’estero pur non essendo iscritto all’AIRE[3] (Erasmus, stagisti, precari, che hanno lo stesso diritto costituzionale al voto di tutti gli altri italiani), a un ampliamento delle maglie della legge sulla cittadinanza, a un’applicazione della legge sull’IMU che non preveda un trattamento diverso a parità di situazione. Perchè per noi è una questione di uguaglianza, non di rivendicazioni corporative.
E per attuare queste proposte abbiamo messo in pista una lista elettorale fatta di candidati di varia estrazione sociale ed anagrafica, e soprattutto perfettamente paritaria: la lista SEL alla Camera in Europa ha esattamente il 50% di candidate donne e il 50% di candidati uomini. Una realtà, non uno slogan di convenienza da ricordare ai congressi e da dimenticare al momento di redigere le liste. Nessun altro partito è riuscito a dare tanto, e non basterà ai fintamente rinnovatori del M5S (cosi’ come alla lista Monti e ad Oscar Giannino) la foglia di fico dell’unica candidata donna su dieci: restano liste da Medioevo a 5 Stelle!
Coerenza, uguaglianza e solidarietà. Ecco gli assi su cui intediamo agire. Ed ecco perchè è importante dire “Benvenuta Sinitra” in Italia, in Europa e nel mondo.
[1]Comitati per gli Italiani Residenti all’Estero.