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martedì 16 luglio 2013 / Sonia Pellizzari

Ocse, Italia: allarme lavoro un giovane su due è precario

Oltre la metà dei lavoratori italiani under 25, il 52,9%, ha un lavoro precario. Lo calcola l’Ocse nel suo Employment outlook, basato su dati di fine 2012. La percentuale di precari è quasi raddoppiata rispetto al 2000, quando erano il 26,2%.

I nuovi dati descrivono la situazione drammatica del mondo del lavoro. I disoccupati nei paesi Ocse sono oltre 48 milioni, di cui ben 16 milioni sono il frutto di 5 anni di crisi. E le prevsioni non sono rosee: entro la fine del 2014 questa cifra cambierà di poco, anche se il tasso di disoccupazione è in calo e, dall’8,5% che è il picco raggiunto nel 2009, si è scesi all’8% nell’aprile del 2013 e si calerà ancora al 7,8% alla fine del 2014. Tuttavia i paesi dell’area Ocse non viaggiano tutti alla stessa velocità.
Dall’inizio della crisi il tasso di disoccupazione è restato sotto al 5% in 5 paesi (Austria, Giappone, Corea del Sud, Norvegia e Svizzera), mentreè volato oltre il 25% in 2 paesi (Grecia e Spagna). Sempre in Spagna e Grecia il tasso di disoccupazione è salito di oltre il 18% dall’inizio della crisi, mentre in Italia, Irlanda, Slovenia e Portogallo e salito tra il 5% e il 10%. In compenso in Giappone e Corea del Sud la disoccupazione è aumentata meno dello 0,50% e in Germania, Cile, Turchia e Israele il tasso di disoccupazione adesso è più basso che all’inizio della crisi. Le ultime proiezioni Ocse prevedono, entro la fine del 2014, un incremento della disoccupazione dell’1% o superiore in 6 paesi europei, tra cui l’Italia, a cui si aggiungono la Grecia, la Polonia, l’Olanda, il Portogallo e la Spagna, mentre per 5 paesi (canada, Estonia, Islanda, Nuova Zelanda e Stati Uniti) l’Ocse stima una riduzione della disoccupazione di almeno lo 0,50%. Una delle principali caratteristiche di questa crisi è che il tasso di occupazione piu’ anziana è continuato a salire, mentre il tasso di disoccupazione giovanile è cresciuto in modo preoccupante. In pratica, rispetto ad altre crisi, i lavoratori anziani hanno mantenuto il posto di lavoro e molti hanno posticipato il pensionamento, mentre i giovani sono stati fortemente penalizzati, specie quelli con un basso livello di istruzione, sia in termini di mancata occupazione, sia in termini di licenziamenti per quelli con contratti di lavoro precari. Nei paesi Ocse il tasso di partecipazione al lavoro degli addetti tra 25 e 54 anni è salito dall’80,2% del 2000 all’81,5% del 2012 (in Italia è cresciuto dal 74,3% al 77,9%), mentre il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni nei paesi Ocse è aumentato dal 12,3% al 15,7%, contro un aumento dal 35,4% al 37,5% in Italia, dal 32,9% al 51,8% in Spagna e dal 37,7% al 63,2% in Grecia.
Sulle misure da prendere per migliorare i livelli di occupazione l’Ocse invita i governi a non incoragiare i lavoratori più anziani a ritararsi dal mercato del lavoro per far posto ai più giovani. Nel suo rapporto l’Ocse rileva che i lavoratori più anziani e quelli più giovani, non sono sostitutivi in termini di occupazione cioè che non è assolutamente detto che, in caso di fuoriuscita dei lavoratori più anziani, le aziende li sostituiscano con lavoratori più giovani.

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