Abolire la Fini-Giovanardi porterebbe a molteplici benefici: meno persone in carcere e più fondi da destinare allo stato sociale. Non è solo Sinistra Ecologia e Libertà che lo sostiene, ma diverse inchieste e le Nazioni Unite. L’inchiesta di Repubblica mette il dito nella piaga: 3 detenuti si 10 sono in carcere per reati di droga. E anche l’ex presidente della Camera Fini, padre insieme a Carlo Giovanardi, dell’attuale norma sulla droga continua a rivendicarne i principi fondamentali ma ammette: “servono altre misure”. Il sovraffollamento, dicono i dati, si deve soprattutto a chi è detenuto (in via definitiva o in attesa di giudizio) per reati legati agli stupefacenti. In molti chiedono la revisione delle norme perché i numeri sembrano contraddire quanti sostengono che il proibizionismo paga: il consumo è aumentato e la detenzione non è un deterrente. Un dato confermata da quanto raccolto dal «Global Commission on Drug Policy», il panel di esperti guidato dall’ex presidente dell’Onu e premio Nobel Kofi Annan. Nelle loro conclusioni, nel 2011, gli esperti decretavano infatti che «la guerra mondiale alla droga ha fallito con devastanti conseguenze» e che «le politiche di criminalizzazione e le misure repressive – rivolte ai produttori, ai trafficanti e ai consumatori – hanno chiaramente fallito nello sradicarla». Riflessioni che, in giro per il mondo, hanno spinto diversi governi a interrogarsi sul tema. Compresi molti esecutivi del Sudamerica, ma anche negli Usa, patria del proibizionismo, dove lo stato del Colorado ha legalizzato l’uso terapeutico e ricreativo della cannabis.
La fine del proibizionismo darebbe inoltre un duro colpo al giro d’affari della criminalità organizzata, permettendo contemporaneamente ai governi nazionali di incassare miliardi in tasse (in Colorado solo per le entrate fiscali della cannabis terapeutica ammontano ad oltre 5 milioni di euro, mentre un report del Medical Marijuana Business Daily prevede che alla fine del 2018 il mercato Usa della cannabis, grazie ai due referendum, arriverà a sfiorare i 6 miliardi di dollari; secondo i radicali in Italia, invece, lo Stato potrebbe incassare dalla legalizzazione fino a 8 miliardi di euro) e risparmiare somme enormi oggi investite per la repressione del fenomeno.
Con la depenalizzazione infatti si stima che si potrebbe risparmiare un miliardo per le sole spese carcerarie. Senza contare poi la quantità di risorse in termini di forze dell’ordine oggi impegnate al contrasto dello spaccio e della detenzione che potrebbero essere impegnati in altri ambiti di maggior allarme sociale. Sel è da sempre sostenitrice della depenalizzazione. Come spiega Daniele Farina parlamentare di Sel: «è il tempo di legalizzare e tassare. Significherebbe più legalità, più libertà, più welfare (grazie alle maggiori entrate) e nessun effetto collaterale». Sinistra Ecologia Libertà ha presentato una proposta di legge sul tema il 14 giugno del 2013, al momento è ferma in Commissione.