«Su diritti civici e lavoro ci sono distanze abissali tra noi e Monti: come si può pensare di governare insieme?» Vendola spiega così la chiusura al Professore e al governo dei tecnici. Ospite a La Stampa per un filo diretto con i lettori, il leader di Sel ha parlato anche del suo alleato politico, Pierluigi Bersani: «Se fossi stato nei suoi panni – ha spiegato il governatore pugliese –mi sarei dimesso da segretario del Partito Democratico, perché lui è il capo di una coalizione e candidato premier, è di più di un partito. È il prodotto di un fenomeno democratico chiamato primarie, Bersani non ha il potere di mutilare il centrosinistra di questa sua genesi».
Poi ha aggiunto: «Siamo parte integrante di quel soggetto che dovrebbe occuparsi di più che delle ambizioni del professor Monti dei danni che Monti ha inflitto all’Italia». A una domanda se la sua presenza nel governo potesse ricordare quella di Bertinotti nell’era Prodi, Vendola risponde: «Sarò garanzia di stabilità». E a chi gli chiede quale ministro vorrebbe nel possibile governo di centrosinistra «Il più bravo e quello con più sensibilità sociale, il ministro Fabrizio Barca. Vorrei che venisse con noi nell’esperienza del prossimo governo».
Guardando agli errori della coalizione a cui appartiene, Vendola ha rimarcato quello che considera il peggiore: aver pensato di «poter guadagnare la vittoria per forza d’inerzia» dopo che Berlusconi è uscito da Palazzo Chigi, ma «non dalla pancia del Paese». Sottolineando l’importanza di arrivare alle urne con un programma serio in grado di «ridare ossigeno all’Italia», il leader di Sel ha precisato che un accordo con Monti potrà eventualmente esserci solo sul tema delle riforme istituzionali. «Ci sono due terreni su cui camminare nella prossima legislatura: quello del governo che deve affrontare il dramma di un’Italia in declino e poi quello delle riforme dell’architettura dei poteri dello Stato». Su quest’ultimo punto, un dialogo con il Professore è possibile.