“Questo non è un dibattito sulla politica. Si tratta di persone”. Con queste parole Barack Obama ha annunciato, tre giorni fa, il suo piano di riforma sull’immigrazione. Un progetto rivolto agli undocumented, ovvero oltre undici milioni di persone immigrate che vivono e lavorano negli Stati Uniti pur non avendo il permesso di soggiorno. Clandestini li chiamerebbero qui da noi con un certo disprezzo i professionisti dell’anti immigrazione, quelli che hanno fatto della guerra agli stranieri una ragion d’essere.
“It’s now”, ha detto Obama. Ora, dunque, negli Usa i tempi sono maturi per un provvedimento teso a dare stabilità a milioni di persone che supportano l’economia del paese ma si trovano in condizioni difficili per la mancanza di documenti. La riforma sull’immigrazione negli Stati Uniti è diventata questione nazionale e il presidente americano può contare sia sulla mobilitazione della società civile che sul sostegno bipartisan dell’opposizione. Anche Laurene Jobs sta facendo la sua parte. In particolare ha voluto dare voce ai giovani figli di immigrati irregolari cresciuti senza documenti negli Stati Uniti, attraverso il sito “the dream is now”.
E in Italia? Il nostro paese sembra aver rimosso questo grande tema. Da noi, le questioni riguardanti l’immigrazione e l’asilo così come l’integrazione continuano a non essere oggetto di attenzione da parte della politica e delle istituzioni. Nella sua agenda il professor Monti ha omesso di spendere una sola riga per quei cinque milioni di migranti che vivono nel nostro paese, lavorano e pagano le tasse. Il governo da lui presieduto in un anno e mezzo non se ne è occupato. Anzi, quando lo ha fatto ha aggravato la situazione come nel caso del taglio dei fondi dell’8xmille a favore dei rifugiati. Un provvedimento giunto peraltro a pochi giorni dalla morte di due somali rifugiati trovati bruciati in un sottopassaggio nel centro di Roma dove si erano riparati dal freddo.
In tutte le grandi città italiane queste persone, che hanno anche un permesso di soggiorno per motivi d’asilo, quasi sempre vivono gravi disagi e spesso si trovano in stato di indigenza, costrette a bivaccare in case fatiscenti e senza servizi, come recentemente riportato a tutta pagina dal New York Times che ha visitato un noto insediamento nella periferia romana. Una situazione che, oltre a non fare onore al paese, svilisce il diritto d’asilo previsto dall’articolo 10 della Costituzione, ricordato anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo messaggio di fine anno.
In aggiunta a questo stato di cose, si verificano da anni anche ripetuti atteggiamenti di discriminazione da parte di amministrazioni locali nei confronti degli stranieri, migranti e rifugiati.
La cronaca di oggi con la ‘campagna della mano nera’ ci porta al comune di Brescia. L’idea di una enorme mano nera, accanto a tanti omini bianchi che campeggia sulle fiancate degli autobus della città per scoraggiare quanti pensano di utilizzare i mezzi pubblici senza pagare il biglietto, suggerisce come la stessa amministrazione che ha commissionato la campagna veda il problema: sono i neri a non pagare. Un assunto non comprovato dai dati, capace però di generare animosità e risentimento tra i cittadini. Il contrario di quello che ci si aspetterebbe da chi ha responsabilità pubbliche e il cui compito dovrebbe essere di mediare e includere, nell’interesse dell’intera comunità.
In Italia, dopo anni di populismo, è tempo di cambiare registro e di superare la demagogia della contrapposizione tra italiani e stranieri. Insomma, anche noi dovremmo occuparci “ora” e seriamente di immigrazione ricordandoci che si tratta di persone.