I beni artistici e culturali italiani sono ammalati quasi terminali di burocrazia e d’inedia degli enti pubblici. Incuria, mancato rispetto per la storia antica e moderna, disinteresse diffuso per l’importanza della traccia storica nel passaggio del tempo sono sintomi di un Paese che si perde ogni giorno di più.
Per questo noi pensiamo sia necessario: snellire le norme in materia di appalti per restauro, manutenzione e rilancio dei beni artistici e culturali; Introdurre una normativa chiara e puntuale sulle sponsorizzazioni per rendere appetibili e trasparenti i bandi e consentire la defiscalizzazione per gli investitori privati nel settore; Rendere le sovrintendenze strumenti efficienti di effettiva tutela e valorizzazione e non di mera e spesso cieca conservazione; Rivoltare la logica secondo la quale i fondi pubblici rappresentano una voce di spesa e non, invece, d’investimento nel futuro; Valorizzare, fare emergere dalla precarietà e formare le innumerevoli risorse di addetti al settore: archivisti, archeologi, addetti museali, giovani manager culturali sono alcune delle decine di migliaia di professionalità di cui l’Italia ha bisogno. Oppure è meglio chiuderlo questo Paese.