Fino ad oggi abbiamo digerito di tutto: false promesse a trecentosessanta gradi su salute, ambiente, alimentazione e regolamentazioni deboli che non insegnano al cittadino l’importanza della prevenzione. E se abbiamo parlato di acqua, di rifiuti, di territorio, non possiamo trascurare l’agricoltura biologica come fattore fondamentale di benessere.
Le coltivazioni biologiche non ancora oggetto di programmi organici sono l’unica via di uscita dai pesticidi e dai fitofarmaci ancora in uso nelle pratiche agricole. Oggi sappiamo che l’agricoltura integrata può aiutare le aziende agricole con progetti di ricerca e riconversione al biologico. Il Piano di Sviluppo Regionale (PSR) del Lazio deve necessariamente prevedere una revisione dei disciplinari di agricoltura integrata. Ciò significa che il contributo della Comunità Europea possa essere erogato solo a favore di dimostra una effettiva e controllabile riduzione della chimica di sintesi. Le misure alternative ci sono e le conosciamo bene: riconvertire al biologico è possibile, come vietare che ci siano coltivazioni agricole in prossimità di sistemi idrici, pozzi o falde. O che abbassando la guardia si dia spazio all’introduzione degli OGM in Italia.
La lotta preventiva agli OGM, secondo il Principio di Precauzione, ci ha insegnato che i delicati equilibri della natura non possono essere attaccati e compromessi, rischiando sulla salute pubblica. Una contaminazione delle colture agricole tradizionali e dell’habitat in cui vengono sviluppate sarebbe inevitabile ed irreversibile. Contro gli OGM, a favore del biologico e della biodiversità, come della tutela dei prodotti locali ci vuole un’azione forte ed iniziative concrete anche dal punto di vista legislativo che garantiscano la salute di tutto l’ecosistema del Lazio, cittadini in testa.