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Sulle elezioni europee iniziamo a discutere tra chi aderisce al Pse

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Sabato 15 giugno si è tenuto a Parigi il forum dei progressisti europei, organizzato dal Partito socialista francese e dalla fondazione Jean Jaurès: vi hanno preso parte tutti i più importanti partiti socialisti e progressisti europei. E’ stato il primo appuntamento della famiglia socialista europea a cui Sel ha partecipato con una delegazione ufficiale.
Jacques Delors, in un intervento apprezzatissimo ha detto che l’Europa oggi ha tre nemici: il marasma sociale dovuto alla crisi degli ultimi anni, l’Europa punitiva, quella che costringe gli stati a soli sacrifici e il populismo crescente. Sono d’accordo, la sfida – infatti – è sconfiggere questi nemici con soluzioni convincenti.
Per prima cosa, dobbiamo tutti trarre una lezione da quanto successo negli ultimi vent’anni: l’ubriacatura neoliberista, assecondata passivamente anche da certa sinistra a inizio anni ’90, ha portato all’austerità della tecnocrazia e, simmetricamente, l’euroscetticismo della sinistra radicale li ha condannati alla marginalità. In una battuta, è mancata la capacità di coniugare visione europea, uguaglianza e democrazia.
Oggi, quindi, è sempre più evidente che la casa di chi immagina un’altra Europa, politica e solidale, equa ed inclusiva non può che essere il Pse: l’unico soggetto, al di là delle tante sfumature che lo attraversano, in grado di poter consegnare un futuro diverso alle prossime generazioni, scardinando prima di tutto il paradigma giovani/vecchi, lavoratori garantiti/non garantiti che ha condannato alla precarietà diverse generazioni.
Le elezioni europee dell’anno prossimo saranno – quindi – qualcosa di più del semplice rinnovo dell’attuale Parlamento: in gioco c’è il futuro del nostro continente. Per questo è importante che i progressisti ci arrivino con una piattaforma unitaria e di cambiamento.
La prima sfida – dal mio punto di vista – è costruire gli Stati Uniti d’Europa, con una forte dimensione politica, fondata sulla democrazia e non sulla tecnocrazia. Per questo i socialisti europei indicheranno il candidato Presidente della Commissione al di là della legge elettorale (sarebbe importante lo facessero anche gli altri raggruppamenti), così da far diventare le elezioni europee un momento di confronto su idee diverse di Europa e non una specie di elezioni di “mid-term” in cui si stima la fiducia del Governo in carica, come è stato fino ad oggi almeno in Italia.
Bisogna poi avere il coraggio di dichiarare definitivamente conclusa e fallita la stagione dell’austerità, aprendo da subito una fase di nuove politiche per la crescita e l’occupazione: reddito di cittadinanza e sistema fiscale europeo sarebbero un buon inizio. Usciremmo così dalla rappresentazione caricaturale della politica continentale come braccio di ferro tra i capi di Stato, tanto cara a Berlusconi e torneremmo al confronto tra idee.
Infine, credo che per sconfiggere i populismi e i particolarismi nazionali sia necessario far crescere sempre di più nel senso comune l’idea di un’Europa diversa, come opportunità e non come punizione. Era il grande sogno di Altiero Spinelli e del manifesto di Ventotene. Se ci pensiamo un attimo, è proprio la consapevolezza che si è affermata nella sinistra francese negli ultimi anni.
Venendo all’Italia, il centrosinistra oggi è diviso dal Governo delle larghe intese: il Pd ne fa parte e lo sostiene, Sel è all’opposizione. Tuttavia, le recenti amministrative hanno dimostrato che quel progetto è tutt’altro che morto: oltre la Capitale, Pd e Sel governano insieme tutte le principali città e importantissime regioni. I nostri competitor sono stati ovunque il Pdl e Berlusconi, in larga parte chi rappresenta in Italia il Ppe, cioè i nostri avversari, di sempre e dell’anno prossimo. Possiamo iniziare a confrontarci e almeno aprire una discussione tra le forze che in Italia fanno riferimento al Pse, nel solco della piattaforma dei progressisti europei? Se vogliamo che le prossime elezioni siano davvero europee, dovremmo almeno provarci.

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