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Angelina Mauro, le lotte contadine e la Calabria di oggi

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In un editoriale edito su CalabriaOra di qualche giorno fa, Ilario Amendolia, già straordinario Sindaco di Caulonia, giustamente faceva riemergere alla memora collettiva di noi, fieri calabresi, i fatti di Melissa, per troppo tempo rimossi eppure assai cari al cuore della sinistra, e la necessità, oggi, di non dimenticarli, semmai di ripartire da quelle vicende per far riaffiorare da un’ormai atavica invisibilità la Calabria migliore, e da qui ricostruirla.

Sessantatré anni fa, il 29 ottobre 1949, le contadine ed i contadini di Melissa occuparono pacificamente, quasi fosse una festa, le terre incolte nel feudo di Fragalà di proprietà del marchese Berlingieri, a voler affermare un diritto negato se non spezzato: coltivare la terra. “Un po’ trasognata marcia Angelina Mauro, con la bandiera spiegata. Il rosso del tricolore le avvampa il viso mentre i suoi occhi sono neri e grossi come olive ottobrariche” racconta Leonida Repaci in Calabria grande e amara.

Sull’occupazione di Torre Melissa (oggi bandiera blu per la limpidezza del suo mare), sulle modalità della lotta, sulle parole d’ordine da lanciare, finanche sui comportamenti da tenere alla presenza della polizia s’era discusso a lungo nelle sere precedenti il 29 ottobre, e s’era deciso di accogliere la polizia al grido di: “Viva la polizia dell’Italia repubblicana”, “Vogliamo pane e lavoro”. Quella mattina dalle cantine di Cirò i “celerini”, al comando del tenente Luciani (nei panni di quel De Gennaro di oggi, del massacro della Diaz), che già dal giorno prima avevano assunto atteggiamenti provocatori nei confronti della popolazione, insultando soprattutto le donne e perquisendo le sezioni dei partiti popolari, salirono a Fragalà.. Quando da lontano videro i primi poliziotti, gli occupanti li accolsero con degli applausi. La risposta fu un ordine non ripetuto di abbandonare la terra, cui seguì il lancio di bombe lacrimogene e la carica. Furono sparati oltre trecento colpi di mitra; si mirò anche a muli ed asini. I feriti, trasportati all’ospedale di Crotone, furono colpiti tutti alle spalle. Non un solo poliziotto fu ricoverato in ospedale: in questa storia non ci sono scontri e feriti tra le forze dell’ordine. Una mattanza, come a Genova.

Francesco Nigro, 29 anni, militante dell’MSI, cade per primo: sarà il primo caduto della destra italiana, a dimostrazione dell’essere meticciato d’un movimento di popolo che fu quello contadino calabrese. Stessa sorte per Giovanni Zito di soli 19 anni, mentre Angelina Mauro viene ferita mortalmente. Con lei si apre il capitolo dell’emancipazione delle donne in Calabria.

La stessa Calabria, quella di oggi, attraversata da grandi contrasti in quanto ad identità femminile: nella nostra Regione, accanto alle donne che ingeriscono, consapevolmente o inconsapevolmente, dell’acido, che sono donne che hanno lottato contro quella zavorra che si chiama ‘ndrangheta, ci sono anche le donne abbandonate a morire dai palazzi del potere perché non più funzionali ma ci sono anche le donne colluse con quelle potentissime organizzazioni criminali, che comandano a Milano come a San Luca, che hanno ormai raggiunto postazioni verticistiche e di potere. Magari sono accondiscendenti suocere (simbolo d’un oscuro intreccio tra politica e ‘ndrangheta) che danno ospitalità ai latitanti, o sono donne che, occultate da caschi a bordo di moto di grossa cilindrata, posizionano ordigni nella città dello Stretto. Paradossalmente la centralità del ruolo delle donne in Calabria l’ha percepita prima la ‘ndangheta. Non l’ha ancora compresa appieno la politica.

Angelina Mauro non faceva politica, era povera come tante altre donne scese in piazza quel giorno. Colpita a un rene e trasportata da Fragalà a dorso di mulo morirà dopo
qualche giorno a soli 24 anni, all’ospedale di Crotone. Non avrà giustizia perché il caso sarà archiviato e il processo mai celebrato. Eppure, con quel suo straordinario, inconsapevole gesto pubblico che sa di testimonianza e con l’estremo sacrificio della vita, Angelina è simbolo d’una nuova identità femminile calabrese che ha contribuito alla crescita d’una democrazia più compiuta.

E’ da questi Modelli, che sono una ricchezza, non da altri che sono anti-Modelli da cattiva politica, che è necessario poter ripartire, di questi tempi, per far affermare una nuova Calabria, diversamente consapevole. E’ a questa bella sentimentalità dei luoghi, portatrice di esempi di lotta positivi, che è necessario oggi aggrapparsi per far riemergere una Calabria Altra, virtuosa, onesta e pulita.

Per questo, anche sulle tracce d’Angelina, saremo a Reggio, nella città della Fata Morgana, il prossimo 9 novembre, uomini e donne accomunati dalla straordinaria potenza della Rete per dire, chiaro e forte, che è ormai tempo di farla affiorare questa nostra Calabria così diversa e libera. A partire dal coraggio, dalla determinazione e dalla dignità delle donne. Per nuove, consapevoli energie femminili e pratiche politiche differenti, sotto il segno d’una nuova responsabilità pubblica. E prospettive migliori.

Eva Catizone

Presidente AssoANGELINA

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