Cambiamo noi! Mentre il Palazzo è immobile e paralizzato, noi ci muoviamo. Praticando e attivando la vita democratica di un Paese che non ha mai avuto riforme vere se non quelle che il popolo italiano ha imposto con i referendum.
Per abrogare il reato di clandestinità, un reato aberrante che punisce una condizione anziché una condotta; e per eliminare quelle norme che incidono sulla clandestinazzazione e precarizzazione dei lavoratori migranti.
Il primo quesito che abroga l'articolo 10 bis, del T.U. sull'immigrazione, cancella la norma che introduce un reato aberrante che criminalizza una condizione anziché una condotta. Il secondo quesito abroga quelle norme che costringono centinaia di migliaia di migranti al ricatto continuo dei datori di lavoro (creando l’effetto “concorrenza sleale” con i lavoratori italiani) oppure che li obbliga al lavoro nero o al servizio della microcriminalità. Il referendum infatti prevede l’abrogazione degli articoli 4 bis e 5 bis del testo unico immigrazione, entrambi incidenti sul permesso di soggiorno perché legano indissolubilmente la possibilità di restare nel nostro paese - anche di cittadini da anni in Italia - alla stipula di un contratto di lavoro. Si tratta in sostanza di eliminare le due norme più restrittive che hanno caratterizzato il pacchetto sicurezza del 2009 fortemente voluto da Maroni e la legge Bossi-Fini del 2002, per ritornare almeno ad un regime simile a quello introdotto dalla legge Turco-Napolitano del 1998. Secondo il Dossier Caritas 2012, nell'ultimo anno i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 263mila superando il numero dei permessi rilasciati. La maggioranza di queste persone non avrà rinunciato alla speranza che li ha fatti partire, ma sarà rimasta in Italia, alimentando l’area dell’irregolarità e le perdite anche economiche del mancato introito fiscale. È la Fondazione ISMU a stimare che ogni immigrato regolare versa in media quasi seimila euro l’anno tra tasse e contributi. La regolarizzazione di almeno 500 mila lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno già attivi in Italia porterebbe nelle casse dello Stato tre miliardi di euro ogni anno di sole tasse.
Abrogazione dell’articolo 10 bis del T.U. sull’immigrazione n.286 del 1998 e successive modificazioni.
«Volete che siano abrogati gli articoli 4-bis e 5-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo risultante per effetto delle successive modifiche e integrazioni?»
Per restituire l’effettiva libertà di scelta ai cittadini. Vogliamo che la quota relativa alle scelte non espresse sull’8xMille (attualmente più del 50% del totale, circa 600 milioni di euro l’anno, ridistribuita alle confessioni religiose) rimanga in capo al bilancio generale dello Stato.
Viene abrogata la disposizione che prevede che anche l’8x1000 di chi non esprime alcuna indicazione venga ripartito tra le confessioni religiose. Effetti: la quota relativa alle scelte non espresse (attualmente più del 50% del totale, circa 600 milioni di euro l’anno) rimarrebbe in capo al bilancio generale dello Stato anziché essere ripartita in favore soprattutto (al 90%) della Conferenza episcopale italiana. Non si arrecherebbe alcun danno alle attività caritatevoli, visto che il fondo 8x1000 si è moltiplicato per cinque negli ultimi 20 anni, arrivando alla cifra record di un miliardo e cento milioni di euro l’anno!
“Volete che sia abrogata la legge 20 maggio 1985, n. 222, limitatamente all'articolo 47, terzo comma, limitatamente al secondo periodo: "In caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse ?"
Per eliminare quelle norme che riempiono le carceri di consumatori. Vogliamo - essendo impossibile una vera legalizzazione, a causa di convenzioni internazionali stipulate dall’Italia - che sia evitata la pena detentiva per fatti di lieve entità, mentre resterebbe la sanzione penale pecuniaria.
Se vincesse il referendum, verrebbe eliminata per tutte le violazioni che riguardano fatti di lieve entità (ad es coltivazione domestica, possesso e trasporto di quantità medie, condotte border line tra consumo e piccolo spaccio) la pena detentiva mentre rimarrebbe la sanzione penale pecuniaria della multa da 3mila a 26 mila euro. Per via referendaria, a causa delle convenzioni internazionali stipulate dall’Italia, una legalizzazione completa non è raggiungibile. Ma è la nostra prospettiva. Effetti: Mai il carcere per fatti di lieve entità; Probabile riduzione pressione investigativa su condotte scarsamente offensive e conseguente riduzione carico giudiziario e penitenziario. Propedeutico a riforma politica criminale e uso corretto forze polizia
Volete che sia abrogato il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, limitatamente all'articolo 73, comma 5, limitatamente alle parole: "della reclusione da uno a sei a anni e" e comma 5-bis, limitatamente al primo periodo, limitatamente alle parole: "detentive e", e al terzo periodo: "In deroga a quanto disposto dall'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata?”
Per eliminare i tre anni di separazione obbligatoria prima di ottenere il divorzio. Vogliamo che si diminuisca il carico sociale e giudiziario che grava sui cittadini e sui tribunali in termini di costi e durata dei procedimenti.
Il referendum elimina i tre anni di separazione obbligatoria prima di chiedere divorzio, la cui domanda potrebbe essere fatta contestualmente alla separazione Effetti: riduzione del carico giudiziario e sociale connesso alla durata dei procedimenti di divorzio.
“Volete che sia abrogata la legge 1° dicembre 1970, n. 898, limitatamente all'articolo 3, numero 2), lettera b), primo capoverso: "In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta?"
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